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Una città per giovani all’insegna dell’attivismo tra finzione e realtà



Come Comitato Civico Viva Mantova che svolge un ruolo socio-culturale vorremmo sottoporre e stimolare i lettori alla discussione su alcuni aspetti tematici riguardo i giovani e alla loro qualità di vita. 




Per nostra capacitata esperienza abbiamo capito che i giovani non sono un oggetto di lavoro, né un problema da risolvere, né una categoria indistinta a cui fornire beni o servizi una tantum. Il concetto stesso di “giovani” potrebbe trarre in inganno. Le necessità di un 15enne o 18enne sono le stesse di un 30enne?

E un 35enne a cosa dovrà dedicarsi se non al lavoro, casa, famiglia in quanto non più giovane? E così via potremmo proseguire all’infinito. Sarebbe più utile interrogarsi su un piano diverso da un semplice range anagrafico. Serve un modello di città che tenga conto delle esigenze dei nostri concittadini, a prescindere dall’età, relativamente all’incontrarsi, divertirsi, esprimersi, formarsi, partecipare in diverse forme a iniziative, progetti, percorsi.

Alcuni studi di ricerca Universitari affermano che non basta la rigenerazione urbana e la trasformazione urbana .. ma è stare con le persone, rigenerare comunità e luoghi insieme laddove è più importante il contenuto del contenitore. Pensare a un modello di città anziché a iniziative singole per i giovani è l’unico modo per considerare i giovani NON come corpo estraneo, ma come parte sociale attiva potenzialmente in grado di produrre cambiamenti per sé stessi e altri nel tessuto cittadino.

Pertanto necessiterebbe ridefinire il ruolo dell’ente pubblico, non più come promotore/fornitore di servizi calati dall’alto ma come attivatore di percorsi e progetti ( Big Projects ) all’interno dei quali ogni parte sociale ha un ruolo.

Coinvolgere i giovani in team organizzativi. Riassumendo riteniamo fondamentali alcuni modi per rispondere a questa tematica: è sbagliato individuare/aprire spazi di “segregazione e differenziazione” solo per giovani; è sbagliato ascoltare i giovani e interpretarne/attuarne bisogni e necessità con modelli per loro inadeguati; l’unico modo giusto per produrre cambiamento è co-progettare coi giovani, includerli, elevandone il grado di responsabilità, empowerment e competenze.

Questo processo è sicuramente più lungo e faticoso, ma di certo più abile. In tale processo virtuoso di co-progettazione, gli stessi attori partecipanti al tavolo potranno acquisire le competenze per porsi domande e darsi risposte, uscendo dalla logica assistenzialista. Un’amministrazione dovrebbe interrogarsi seriamente sulla presenza o meno di un modello che rilevi dei bisogni e attui della strategie per rispondere ad essi, monitorando i risultati in termini qualitativi oltre che quantitativi.

Esiste un modello del genere a Mantova? Esiste uno studio dello stato dei luoghi della socialità e della cultura aggiornato e utilizzabile? E soprattutto: l’amministrazione ha strumenti di misurazione qualitativa dell’impatto sociale? Non cè di meglio che Vivere la propria città da cittadini attivi, partecipi e consapevoli, tanto quanto siamo sicuri che i contenuti passino attraverso le relazioni. Per questi stessi motivi, relativamente ai temi della socialità, concentrarsi sul “vivere un’esperienza d’acquisto” non può portare a risultati soddisfacenti: è una posizione che non tiene conto dei bisogni che caratterizzano i giovani. Soprattutto nell’ottica di ricerca di un senso del fare.

Questa considerazione non vuole sminuire in alcun modo la crisi vissuta dai commercianti. Tanto meno la cultura del “big event “ potrà dare soluzioni durature sul tema della socialità. Serve recuperare la dimensione urbana quotidiana prima ancora di quella del grande evento. Secondo noi occorre quindi abbandonare l’ideologia degli happening, per tornare a pensare in termini di spazio pubblico condiviso, di possibilità aperte, di rinnovamento delle pratiche di inclusione, con i giovani e la comunità tutta al centro di questi processi, più che semplici utenti di una moltitudine di servizi. Altro aspetto da sottolineare è quello relativo alla comunicazione istituzionale sul tema della socialità/dei giovani/delle proposte aggregative e culturali. Siamo altresì convinti che non c è di meglio servirsi di idee e proposte di chi vive quotidianamente il territorio. Se i giovani trascorrono gran parte del tempo sui social è perchè sui social assurgono virtualmente e convenzionalmente al tema della socialità.

C è chi potrebbe interpretare il nostro pensiero come pretensioso, utopico, surrealista!? Il nostro obiettivo è rivendicare la nostra esistenza e la nostra esperienza su questi temi. Insomma datevi un’occhiata in giro, fatevi sentire, cercheremo di essere sempre presenti su tematiche che ci riguardano ai confini della socialità e prosperità.