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Il caso camellini condannato all’ergastolo in kenia



Il caso di Paolo Camellini, mantovano, condannato in Kenia all’ergastolo per una “presunta” violenza sul figlio adottivo della ex moglie.




Per capire lo stato di salute della democrazia in Africa, occorre fare un minimo di excursus storico. In molti stati africani si vantano come repubbliche democratiche, ma di queste definizioni prendono solo il nome.

Se negli Stati Uniti, patrie di questo assetto politico, spesso si sente parlare di crisi della democrazia ( vedasi ultima sentenza Corte Suprema che ha di fatto abolito la legge che legalizzava l aborto) facilmente possiamo immaginare le difficoltà che affronta la democrazia in Africa, dove la storia politica all’indomani dell’indipendenza è stata molto travagliata. Il caso Reggeni ne è l esempio!!!

Non ultimo il Kenya definito l’eccellenza del Corno d’Africa ma che oggi è alla ricerca di una soluzione per i gravi problemi che l’affliggono: la corruzione endemica, il clientelismo, al punto che il Kenya occupa regolarmente le zone più basse della classifica dell’ong “Transparency International” (nell’ultima, del 2021, era alla 128a posizione su 180). Il Paolo Camellini (così è scritto sui maggiori quotidiani) condannato all’ergastolo per abusi sessuali su un bimbo di 3 anni è stato rilasciato su cauzione e da lì sono partite le indagini in cui sono confluite visite, referti medici e testimonianze.

Dopo sei mesi è arrivata la peggiore delle sentenze: carcere a vita per aver abusato sessualmente di un bimbo di 3 anni, figlio adottivo dell’ex moglie keniana, sposata sei anni prima e da cui si è poi separato, pur continuando a frequentarla. “ Le evidenze che hanno portato a questa sentenza hanno numerose lacune – così spiega l’avvocato Odero in difesa del Camellini - il medico non ha dato dettagli convincenti sugli eventuali danni subiti dal bambino e non è stata consegnato alla corte nessun esame che rilevasse Dna estraneo su di lui. Siamo convinti di avere margini per ribaltare la sentenza“.

Camellini, di professione imbianchino, è un assiduo frequentatore del Paese africano ed ha conosciuto la donna keniana, Brenda, una decina d’anni fa e portandola in Italia, dove i due si sono sposati legalmente, come conferma la sorella del mantovano, Federica. Dopo la separazione, Camellini ha continuato a mantenere la donna, anche quando ha scoperto che lei aveva adottato il piccolo. Madre e figlio adottivo lo hanno anche raggiunto in Italia alla fine dell’anno scorso.

È pericoloso farsi nemici in Africa. Soprattutto quando – grazie alla povertà e al profitto – possono comprarsi potenti protezioni presso le autorità locali, corruttibili fino all'osso e non raramente estese fino agli scranni dei giudici. Del resto, quale messaggio può ricevere chi si "imbarca" in una situazione simile? In che altro modo può essere giudicato l’atteggiamento imbelle della cosiddetta “Giustizia” (che giustizia non è) catalogando implicitamente in “furbi” quelli che lo fanno e in “stupidi”, quelli che ne diventano vittime e impotenti?