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Guerra in ucraina – il punto di non ritorno



Ogni giorno che passa cresce la possibilità di un’escalation incontrollabile seminando violenza, odio e disumanità. Ci vorranno decenni per sedare il tutto. In questo scenario mi par di capire che gli Stati Uniti vogliono che la guerra continui per indebolire, fiaccare ed isolare la Russia e mantenere tutta l’Europa strettamente nella loro sfera d’influenza. 




Mentre Zelensky nei suoi continui e assidui video- conferenze continua a tuonare il funesto canto di guerra, negli USA e in Europa si diffonde l’isteria bellica nella società e nelle istituzioni, cercando consensi nell’opinione pubblica. Questo caos perdurerà anni e se l’Ucraina entrerà nell’Unione gli equilibri si sbilanceranno a Est ancor più di quanto già lo siano. Paesi più interessati alla Nato che all’Europa. In realtà gli effetti negativi della guerra, come l’ondata dei profughi, si abbatteranno più sull’Europa e senza nessuna incidenza sugli Stati Uniti.

La restrizione o l’interruzione dei rubinetti del gas della Russia danneggerà l’Europa ma avvantaggerà gli Stati Uniti nel venderci il loro gas e molto più costoso. Le sanzioni commerciali alla Russia avranno sicuramente una ricaduta negativa sull’economia degli Stati europei, ma costituiranno un’occasione di crescita per l’economia USA. Il riarmo dell’Europa sarà un affare colossale per il complesso militare industriale americano, ma non gioverà ai sistemi di sicurezza sociale europei. L’Europa impantanandosi in un conflitto con la Russia si avvierà sulla strada del suicidio, rinunciando a tutelare i bisogni e gli interessi fondamentali dei suoi cittadini e annullandosi a poco a poco nella NATO.

L’Europa, indipendentemente dalle strategie Usa, dovrebbe aprire una trattativa con la Russia che preveda la costruzione nel medio termine di un sistema comune di sicurezza, fondato sulla riduzione reciproca e concordata degli armamenti e la normalizzazione delle relazioni commerciali e politiche, col ritiro delle sanzioni.

Garantire altresì la neutralità dell’Ucraina ed avviare un programma di investimenti per la ricostruzione post-bellica. Limitarsi a dire (come ha dichiarato Draghi al Parlamento italiano) che “Putin non vuole la pace” è una motivo di impotenza che riflette la drammatica assenza di iniziativa politica dell’Italia come anche della UE.

Proporsi soltanto con minacce rispecchia la teologia politica della Nato e non i nostri interessi. Ma, quel che è più grave, non fa avanzare alcunchè alla causa di pace.