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calo demografico: dinamiche, tendenze, resilienza, restanza, narrazione .... qualità della vita
E' ormai noto che lo spopolamento progressivo nella provincia mantovana sia un fenomeno in forte crescita ( negli ultimi dieci anni 40mila abitanti in meno ai 418mila del 2011) Il capoluogo ancor più (in percentuale per l esattezza il 30% in meno dal 1971) Un problema serio che va affrontato quanto prima sul piano politico generale di governo e di politica pubblica perché provoca sul territorio uno squilibrio che genera effetti devastanti non solo per le aree direttamente interessate, ma per l’intera economia del mantovano.

Drenando risorse sociali ed economiche, sottraendo capitale umano ed impoverendo prospettive e opportunità delle comunità e dei territori. Questa desertificazione costituisce, pertanto, un grave limite alla crescita e allo sviluppo complessivo non solo del capoluogo e rappresenta un grosso fattore di rischio con conseguenze negative sotto diversi punti di vista nel lungo periodo.
Quando la popolazione di un luogo, che rappresenta l’identità, la tipicità e l’espressione della storia di quel luogo, decide di abbandonarlo per spostarsi altrove, si innescano una serie di processi a catena che, se non affrontati e risolti per tempo, sono destinati a sortire effetti negativi irreversibili per l intera collettività. Quali sono gli aspetti che questo fenomeno colpisce maggiormente? A mio parere tre sono gli aspetti che vengono maggiormente colpiti: l’aspetto socio-culturale, quello economico e quello fisico-geologico. Inizierei dall’aspetto socio-culturale.
In alcuni contesti territoriali periferici, caratterizzati da radici storiche e culturali profonde, il calo demografico provoca la perdita di identità consolidate e di memoria, la disgregazione delle comunità e della propria socialità, la scomparsa dei valori ed un grande senso di smarrimento. Una società senza memoria, identità e valori non è più una comunità. E ciò produce conseguenze negative inimmaginabili a tutti i livelli, persino nei rapporti interpersonali. Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello economico, è a tutti abbastanza noto che l’economia mantovana si é basata per decenni, per odine di importanza, su attività di commercio, agricoltura, costruzioni e manifatturiera.
Pertanto lo spopolamento rappresenta per questi settori la perdita della possibilità di proseguire tali attività e l’impossibilità di attuare processi di modernizzazione, con la conseguente scomparsa di attività che costituiscono una parte importante dell’economia mantovana e che ancor oggi possono rappresentare la base per il rilancio e lo sviluppo dell’intero territorio. Come? I Comuni sono una parte centrale del PNRR. E se i Comuni sono uno dei motori del PNRR in quanto investitori, allo stesso tempo ne sono anche beneficiari indiretti, poiché molti degli investimenti effettuati da altri soggetti con i fondi messi a disposizione dal Piano avranno ricadute positive sui territori.
Per quanto riguarda l’ aspetto fisico-geologico l’abbandono del presidio del territorio implica l’assenza di una corretta manutenzione del territorio sia da parte dei cittadini rimasti sia da parte delle pubbliche istituzioni ( quest’ultime gravate da carenze di organico e di fondi) . Tutto ciò provoca una conseguente accentuazione dei fenomeni di dissesto idro-geologico ovvero siamo a rischio alluvione. Lo spopolamento, oggi, deve essere inteso non solo come mero abbandono dei territori marginali, ma soprattutto come una carenza di risorse ed un forte limite a processi di qualificazione e sostenibilità territoriale. Ben si comprende, dunque, come questo fenomeno costituisca la conseguenza più immediata e tangibile di una tendenza alla “desertificazione” dei servizi socio-assistenziali e sanitari.
Alla luce di quanto predetto, occorre farsì che il legislatore, statale e regionale, attuino misure utili e sufficienti allo scopo di arrestare l’emorragia di risorse umane e produttive dilaganti. Ora, a prescindere da questa mia insoddisfazione appare evidente che le azioni di contrasto allo spopolamento necessitino di una più ampia e coordinata pianificazione fra tutti i livelli territoriali di governo attraverso la concertazione di politiche di sostegno per alcuni settori nevralgici e sopracitati. Concludo adducendo alcune mie note di riflessione. L’identità, l’appartenenza, il senso dei luoghi non bastano. Servono altre motivazioni e tra queste va considerata una nuova dimensione, non sempre esplorata nelle ricerche sull’abbandono: quella della qualità della vita, intesa nella più ampia accezione del termine.
Qualità della vita che vuol dire collegamenti, strade, luoghi commerciali, ma anche luoghi per l’istruzione, per i servizi sanitari, luoghi culturali, sportivi, ricreativi e di aggregazione. A fronte di una situazione generale di deprivamento vi è l’implementazione di nuovi servizi per i turisti. Difatti sul turismo e sullo sviluppo turistico si innescano altre questioni, altri temi di ricerca nei quali le dinamiche economiche si intrecciano strettamente alle scelte che stanno alla base dei processi evolutivi. Dulcis in fundo: La qualità della vita non è mai casuale ma è sempre il risultato di uno sforzo interattivo.