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Cambiamenti climatici e riscaldamento globale - non resta che sperare nei giovani



Gli appuntamenti del G20 e della COP26 sono a mio avviso un vero fallimento. La partita, alquanto complessa, ha visto protagonista il capitalismo a discapito del fabbisogno collettivo. 




Molta mistificazione. Sul clima, a differenza di quanto sbandierato sulla stampa, si è apertamente rilevata la frattura tra paesi emergenti e industrializzati per quanto riguarda le responsabilità del riscaldamento globale e sui rischi futuri.

Rileggo la consueta opacità dei rappresentanti governativi nel tradurre in impegni precise scelte climatiche in difesa della salute del pianeta da parte dei più impattanti emettitori di gas clima-alteranti. Non basteranno piccole modifiche a impedire il crollo del complesso ecosistema planetario confutato da eventi e catastrofi che, come ha ricordato qualche governante, segnano punti di non ritorno. Senza obblighi ogni governo si sentirà libero di prendere accordi di libero commercio con multinazionali delle energie fossili e istituzioni finanziarie internazionali.

Non basteranno le ingenti piantumazioni di alberi promessi. La fiducia intergenerazionale non è cosa che si acquista facilmente. La crisi climatica come anche quella sanitaria non ha fatto registrare progressi. Il G20 non ha fatto altro che rilanciare impegni già peraltro assunti e mai materializzati. Come poi sottacere sul compromesso raggiunto in materia di nuove regole fiscali per le multinazionali, la cosiddetta GCT (global corporate tax), per impedire la corsa al ribasso del sistema economico globale sui costi di produzione, costi del lavoro, ambientali e fiscali.

Questa corsa genererà concorrenza distruttiva tra singoli stati con trattamenti fiscali di favore pur di attirare entro i propri confini la localizzazione delle imprese con l’esito paradossale di trasformare tutto in un grande paradiso fiscale. La verosimiglianza è un qualcosa d'intermedio tra verità e bugia. E' qui che l'inganno trova compimento.